L’antimafia al buio
L’antimafia al buio
L’antefatto
Il 9 maggio 2009, cogliendo tutti di sorpresa, in occasione della ricorrenza dell’assassinio di Peppino Impastato, dal balcone di casa Badalamenti il sindaco di Cinisi Salvatore Palazzolo annuncia che l’iter per la confisca della casa del boss era stato completato e che aveva deciso di affidare il bene all’Associazione Peppino Impastato. Si badi, il bene, cioè tutta la casa. Passa un anno, nasce per volere del governo Berlusconi l’Agenzia per i beni confiscati alla mafia di Reggio Calabria e il suo prefetto, Mario Morcone, emana un decreto con cui all’Associazione è destinato il piano terra, mentre il resto dello stabile sarà destinato a biblioteca comunale. Si badi, solo il pianterreno. Passa ancora un anno, nel frattempo Giovanni Impastato si è stufato di stare nell’Associazione Impastato con i compagni di suo fratello e, inseguendo un suo vecchio sogno, ha rispolverato la sigla “Casa Memoria” e ne ha fatto la sua Associazione. Attraverso manovre di cui preferiamo non parlare, alle due associazioni (e non più all’Associazione Impastato com’era nel decreto), il sindaco di Cinisi decide di assegnare in comodato d’uso per dieci anni tre stanze del pian terreno, chiudendo l’accesso al garage. Tirando le somme, una stanza e mezzo ad ognuna.
Nel frattempo viene presentato dal Comune al Ministero degli Interni (PON sicurezza) un progetto di ristrutturazione dell’immobile con fantascientifiche e avveniristiche destinazioni dei locali: l’ascensore, dotato di vetri colorati, dipinti e sculture, dovrebbe essere ubicato nella piccola stanza centrale affidata alle due associazioni, mentre, forse per compensare l’ultimo scippo di questa, il garage sarà destinato a salone per iniziative, a disposizione delle associazioni e del Comune. Detto e non scritto. Nel frattempo viene al solito detto, ma non scritto, che i locali rimarranno aperti e a disposizione delle due associazioni per lo svolgimento di iniziative culturali, fino a quando non inizieranno i lavori. Il 9 maggio si è avuta una tacita divisione degli spazi, nel senso che l’Associazione ha lavorato al pianterreno e Casa Memoria al primo piano. Per quel che riguarda luce ed acqua, dopo lunghi e tortuosi passaggi, si è riusciti ad avere un contatore, intestato al Comune; idem dicasi per l’acqua, il cui contatore è ancora intestato a Gaetano Badalamenti. Si è concordato che era inopportuno che le due associazioni si dotassero, al momento, di singoli contatori in quanto ciò avrebbe comportato una ristrutturazione di tutto l’impianto, sia elettrico che idrico, non opportuna nel momento in cui si aspettano i fondi per procedere alla ristrutturazione generale.
Il fatto
L’Ecopunto è una struttura che si occupa di raccolta differenziata dei rifiuti a Terrasini attraverso una sorta di tessera a punti in dotazione a ogni cittadino che vi partecipa. Massimiliano, un ragazzo che si è “inventato” questo lavoro, è anche un responsabile nazionale dei Verdi in Sicilia, ed è riuscito a coagulare intorno a sé una ventina di ragazzi, impegnandoli con iniziative culturali di vario tipo. Mi aveva contattato da qualche mese proponendomi di accompagnare il gruppo in una visita nei luoghi in cui era stato girato il film “I cento passi”. Il tour avrebbe dovuto concludersi con la proiezione del film nella casa di don Tano. I ragazzi si presentano il pomeriggio del 22, insieme andiamo al Baglio Fico di Alcamo, dove è stata girata la scena iniziale del matrimonio di Anthony, passiamo dalla zona sottostante il cimitero di Trappeto, dove è stata girata la scena del “nudo a chiappe selvagge”, diamo un’occhiata a Villa Fassini, sede della Comune hyppies, con l’avvertenza che l’ambiente è stato ricostruito e girato a Torre Alba, un’altra occhiata al posto in cui è girata la scena degli espropri di Punta Raisi, guardiamo la Maidduzza, dove Salvo e Peppino discutono della Radio, dopo il rapimento Moro, saliamo su monte Pecoraro per individuare il posto in cui Salvo e Peppino scattano fotografie e scherzano, passiamo da Radio Aut, il cui locale è stato ristrutturato ed è ormai irriconoscibile, a parte una lapide che l’Associazione vi ha fatto apporre nel 2008. Quando è ormai quasi sera sospendiamo il giro e ci rechiamo alla casa di don Tano per la proiezione. Apro, ed ecco la sorpresa: il locale è al buio, sono scomparse tutte le sedie, sia quelle del Comune che le poche che avevo portato, la porta che dà accesso al contatore e la porta del garage sono chiuse a chiave. E minchia!!!
Telefono a Vincenzo, cioè all’assessore Cusumano, di cui ho il numero e con cui da lungo tempo ci conosciamo.
“Vincè, che succede? Sono qui alla casa del boss con venti ragazzi, ma siamo al buio.”
“Ma sa, professò, veramente… la chiave ce l’ha la segretaria. Abbiamo chiuso tutto perché abbiamo fatto pulire i locali e dopo, una sera, verso le dieci, abbiamo visto gente che “bivaccava” al primo piano, con la luce accesa, ci hanno anche chiamato i carabinieri, e poi… devo dirle che il sindaco mi ha detto che Giovanni Impastato gli ha chiesto di intestare a suo nome i contatori della luce e dell’acqua e così, gira di qua e prendi di là, abbiamo deciso di chiudere i locali e di dare la chiave a chi ce la richiederà, nel momento in cui si andranno ad effettuare iniziative”.
Vincenzo è bravo e buono, ma è cinisaro, e una caratteristica dei cinisari è quella di sentirsi “sperti”, di raccontare balle e di illudersi che gli altri siano tanto scemi da crederci. Nella sua spiegazione c’era una verità e un mucchio di balle: la verità era quella che i locali erano stati puliti, presumo da personale del Comune, qualche giorno prima che lo facessimo noi, all’indomani delle manifestazioni del 9 maggio: lo avevo constatato io stesso, recandomi sul posto con una comitiva che lo voleva visitare. Le balle erano: quella del “bivacco”: è vero che una sera c’era qualcuno: erano i ragazzi dell’Associazione Radio Aut , qualche mese fa, non per bivaccare, ma per un’iniziativa che riguardava un resoconto dell’esperienza del campeggio delle Resistenze di Montesole, che organizzano da alcuni anni assieme ad altre associazioni emiliane. La seconda balla è che la chiave ce l’ha la segretaria: credo, anche se è solo una mia convinzione, che di chiavi in giro ce ne siano parecchie. La terza balla è che i carabinieri avrebbero telefonato, non si sa a chi, per avvisare che c’era gente nella casa del boss: ho fatto una breve indagine e non mi risulta, ma non sono neanche in grado di dimostrare il contrario. La quarta balla è che Giovanni avrebbe chiesto al sindaco di intestarsi i contatori: Giovanni non può chiedere una simile cosa né il sindaco può concederla, perché l’immobile è stato acquisito ai beni comunali: come fa un privato a intestarsi un contratto relativo a qualcosa che non gli appartiene e che appartiene a un’istituzione pubblica? Giovanni ha chiesto, c’ero anche io, di separare con un muro la sua parte e di dotare quella parte con un contatore di luce ed acqua a lui intestato: tutto questo dopo aver dichiarato che non voleva “muri di Berlino” e che bisognava collaborare. Ma non scendiamo nei dettagli. Di fatto Vincenzo tentava di farmi credere che, secondo il sindaco, da quel momento se volevamo luce ed acqua dovevamo rivolgerci a Giovanni. Davvero Vincenzo ha poca stima di me se pensa che possa credere a queste balle. Il problema più grosso e più grave sta invece nel fatto che, per il Comune, l’Associazione Impastato non esiste. Altrimenti qualcuno avrebbe dovuto prendersi la briga, lasciarsi sfiorare dal pensiero che una decisione del genere, cioè l’inibizione all’uso del contatore, dal momento che il locale non serve per incontri a luci rosse o per losche iniziative, ma per attività culturali essenzialmente antimafiose, andava comunicata, per telefono o per iscritto o per email al presidente dell’Associazione Impastato, cioè al sottoscritto. Ma tant’è, ormai siamo al punto in cui non ci vuole niente a dire “le abbiamo telefonato ma non l’abbiamo trovato”.
La conclusione
Presto detto: ci siamo seduti per terra, la qual cosa non è la prima volta che succede, e come in una seduta spiritica, senza evocare l’anima di don Tano o quella di Peppino, abbiamo parlato del film, di ciò che è vero e ciò che è fiction nei “Cento Passi” e ci siamo dati appuntamento a un’altra volta quando, dopo aver prestato regolare richiesta, spero non in carta da bollo, al Comune ci si augura che si possa avere la chiave per accendere il contatore, prendere alcune sedie e proiettare il film. Magari allargando la proiezione a tutto il paese, visto che parecchia gente ancora non l’ha visto.
(Salvo Vitale)
Ci sentiamo di fare un paio di precisazioni riguardanti la parte che ci vede chiamati in causa.
1) L’occasione a cui si riferisce Salvo riguarda non già un’iniziativa per parlare del campeggio delle resistenze, ma bensì un incontro con Mario Spada per Antimafia Special.
2) Nell’occasione sopra citata anche noi ci siamo trovati nella stessa situazione di Salvo. Tant’è che l’intervista è stata fatta sul balcone di Casa Badalamenti per sfruttare la luce del lampione di fronte. Diversamente ci saremmo trovati nell’imbarazzo di dover rinviare a data da destinarsi l’intervista.