Report Forum 10/05/2008
10 maggio
La giornata è stata dedicata al forum “Mafia e antimafia dagli anni ’70 ad oggi“, che ha visto un’ottima partecipazione ed è stato introdotto e coordinato da Umberto Santino che nella relazione ha richiamato le idee di mafia correnti (stereotipi: prima subcultura senza organizzazione, dopo emergenza e antistato; paradigmi: associazione criminale tipica, impresa) e le linee fondamentali dell’analisi del Centro Impastato (gruppi criminali, sistema di rapporti, blocco sociale, borghesia mafiosa, storia come intreccio di continuità e innovazione). Soffermandosi sul quadro attuale ha rilevato la sporadicità dell’analisi, la scarsa scientificità delle stime sull’accumulazione, gli aspetti criminogeni della globalizzazione, la repressione dopo il delitto Dalla Chiesa e le stragi degli anni ’90, ma la persistenza dei rapporti tra mafia e politica, ostentati dal berlusconismo. Riprendendo l’intervento alla manifestazione ha ribadito che se si vuole rompere questo rapporto occorre una legge che stabilisca l’incandidabilità di chi è condannato o sotto processo per mafia e altri reati, ma il problema è il consenso di cui gode il centrodestra che assicura ottimi affari alla borghesia mafiosa e distribuisce redditi di sussistenza agli strati popolari. Le sinistre non hanno un progetto che risponda ai bisogni di questi ultimi. Le esperienze di antimafia (scuole, antiracket,. uso sociale dei beni confiscati) sono minoritarie, mentre bisogna costruire un blocco sociale alternativo. ponendo al centro i problemi della disoccupazione, della precarietà, riprendendo il filo che fu dell’antimafia di Peppino.
Al forum dovevano partecipare Francesco Forgione e Giuseppe Lumia ma nel corso della manifestazione del 9 pomeriggio hanno annunciato che avevano altri impegni.
Franca Imbergamo, pubblico ministero nei processi contro gli assassini di Peppino, ha sottolineato che il problema della giustizia e della lotta alla mafia in Italia più che un problema tecnico è un problema politico. La responsabilità politica rimane sulla carta e opera una delega alla magistratura che deve svolgere un ruolo non suo. Si è istituito un doppio binario per i procedimenti contro la mafia ma in realtà opera un doppio binario al contrario, in cui, nell’incubo-sicurezza, i piccoli delinquenti e gli immigrati sono il pericolo pubblico numero 1 e le mafie, al di fuori dei grandi delitti, sono considerate come normalità. Ha fatto riferimento alle esperienze degli ultimi anni a Caltanissetta e ha parlato di Gela, dove chi si oppone al racket spesso rimane senza difese.
Rosario Crocetta, sindaco di Gela, ha portato la sua esperienza di amministratore che si è posto concretamente il problema della lotta alla mafia, agendo sugli appalti di opere pubbliche, sui noli e sulle forniture, in un contesto in cui le carenze legislative e i protocolli di legalità che rimangono sulla carta espongono a gravi rischi chi si impegna quotidianamente. Fino ad oggi la cittadinanza di Gela lo ha sostenuto, smentendo le voci di tanti che dicevano e dicono che già parlare di antimafia significa allontanare l’elettorato.
Pia Blandano, dirigente scolastica tra le più impegnate nelle attività educative antimafia, ha parlato di attività troppo discontinue, del legame scuola-territorio, delle esperienze in collaborazione con il Centro Impastato che cercano di legare memoria, progetto, formazione degli insegnanti e costruzione di modelli alternativi. Si è soffermato sul ruolo negativo delle fiction televisive che inducono un’immagine eroica dei capimafia e sul cosiddetto bullismo che in contesti mafiosi assume specificità preoccupanti.
Rosa La Plena, responsabile nazionale per i beni confiscati di Italia Lavoro, ha parlato in particolare delle imprese confiscate, spesso destinate a chiudere, generando l’idea che l’antimafia produca disoccupazione. Alcune esperienze sono positive, ma il contesto è difficile, sia per le possibilità che hanno i mafiosi di creare altre attività, annullando l’effetto della confisca, sia per le carenze del quadro istituzionale, con i problemi nati con l’abolizione del commissario e gli ostacoli frapposti all’azione del Demanio.
Pietro Milazzo, impegnato politicamente e socialmente da decenni, ha introdotto il tema delle lotte dei senzacasa di Palermo, richiamando la figura e l’attività di Peppino, la sua radicalità ma pure la sua concretezza nel lavoro sul territorio. Le forze politiche hanno abbandonato il terreno della lotta sociale, desertificando il territorio e abbandonandolo al clientelismo.
Nel pomeriggio sulle lotte per la casa è tornato Nino Rocca, da molti anni impegnato in attività sociali,che ha ricostruito l’ultimo ciclo di lotte, con la costituzione del comitato 12 luglio, i risultati faticosamente ottenuti con l’uso di case confiscate ai mafiosi, sottolineando l’imprescindibilità di un rapporto con le istituzioni, finora ottenuto soltanto con iniziative di mobilitazione.
Tom Behan, studioso e docente universitario inglese che ha pubblicato un volume su Peppino, ha fatto riferimento ai trionfi delle destre e invitato a riportare l’impegno principale dal parlamentarismo alle lotte sociali. A presentare il libro è intervenuto Giuseppe Nobile, militante nella Nuova sinistra e già vicesindaco di Partinico, che ha sottolineato il ruolo centrale delle testimonianze nella ricerca che ha portato alla scrittura del libro.
Vittorio Greco, di Addiopizzo, ha introdotto il tema dell’antiracket, parlando della necessità di costruire un ampio blocco sociale, dei problemi che esso pone, dello scarso numero di commercianti e imprenditori che hanno costituito a Palermo l’associazione Liberofuturo, della quotidiana attività per diffondere la cultura del consumo critico e della lotta al racket, della ricerca spesso delusa di una borghesia illuminata.
Umberto Di Maggio, referente di Libera Palermo, ha tracciato un quadro positivo delle attività svolte dalle cooperative per l’uso sociale dei beni confiscati, 5 in Sicilia, della prossima costituzione di un consorzio, dei campi di volontariato in cui vengono giovani di altre regioni e di altri Paesi. Ha finito leggendo la lettera di un volontario che ha collaborato con le cooperative siciliane.
Salvo Vitale ha parlato della mafia a Cinisi, da Badalamenti ad oggi, soffermandosi sugli ultimi avvenimenti: l’arresto dei Lo Piccolo, il contesto che ha favorito la loro latitanza, dell’attività di Peppino che già allora aveva scoperto l’attività di personaggi come Pino Lipari. “La scarsa partecipazione di cittadini di Cinisi si deve al fatto che parlavamo e parliamo di cose scomode, facendo nomi e cognomi, come quelli della famiglia Caldara o di Andrea Impastato, amministratore dei beni di Provenzano e uno degli ultimi arrestati”.
Pino Dicevi, dell’Associazione Impastato di Cinisi, ha parlato di temi legati al territorio come quello dell’acqua che fu alla base delle mobilitazioni ai tempi dei Fasci siciliani, con la strage di Giardinello del 10 dicembre 1893, e continua ad essere uno dei problemi centrali della zona. Il problema dell’acqua è stato più volte affrontato all’interno dei forum degli ultimi anni.
Fabrizio Fasulo, dell’Associazione Radio Aut, ha toccato il tema della linea di classe dell’antimafia sociale e indicato il pericolo di un revisionismo che miri a comprendere imprenditori e commercianti, rappresentanti di una improbabile borghesia illuminata. E’ positivo che cerchino di liberarsi dal pizzo ma i loro percorsi sono diversi da quelli dei proletari.
Giancarlo Consoli, del Gapa di Catania, un’associazione impegnata nel lavoro con i giovani, ha proposto che la casa di Badalamenti diventi uno spazio pubblico e un centro sociale.
Paolo Arena, dell’Associazione Impastato e del Circolo Metropolis di Castellammare, ha informato sull’attività contro la speculazione edilizia svolta negli ultimi anni e ha sottolineato la necessità di partire dal territorio e di costruire un progetto comune ma in continuità con la tradizione classista dell’antimafia siciliana.
Vittorio Greco ha chiesto la parola per invitare a riflettere e a confrontarci serenamente, senza anatemi. Addiopizzo pone l’accento sulla responsabilità sociale dell’impresa e a un blocco mafioso transclassista bisogna contrapporre un blocco antimafioso ampio, anch’esso transclassista.
Giovanni Caruso, del Gapa di Catania, ha parlato del lavoro a Catania, dell’attività di controinformazione in una città dove vige il monopolio di Ciancio.
Giuseppe Nobile è intervenuto di nuovo per ribadire la socialità della lotta alla mafia, ha richiamato i dati sugli occupati in Sicilia e posto l’esigenza di una larga alleanza, in un contesto nazionale in cui è sparita la questione meridionale.
Daniele Moretto, poeta e insegnate, è intervenuto brevemente leggendo una sua poesia.
Umberto Santino ha concluso brevemente i lavori invitando a un’attenta riflessione sulla storia (le lotte contadine riuscirono a coinvolgere contadini poveri e medi, artigiani e altri soggetti perché non prevalse la linea bracciantilista) e sulla realtà attuale, dominata dalla frammentazione e pulviscolarizzazione del lavoro: bisogna affrontare questi problemi se si vuole costruire un progetto di antimafia non elitario.