Schizofrenia tra socialismo e capitalismo
L’ultima sigaretta. Le mani ormai stanche e grigie dopo un’intera giornata di sano lavoro precario, si apprestano a premere off. Guardo un libro di Franco Berardi Bifo ma non me la sento, sono troppo stanco. La televisione accesa non se la caga nessuno. Ad un tratto vengo scosso da spari di arma da fuoco! Un film sulla guerra fredda! Cazzo. E’ tardi, domani la sveglia suona sempre alla stessa ora, che fare? Me ne frego e mi immergo in questa americanata in cui i “buoni” vincono sempre. Vincono i liberi contro i dittatori. Che merde questi russi, sempre seri, ubriaconi, poveri, pensano solo a far del male agli U.S.A. e a rendere non libero il proprio popolo. Ma come hanno fatto questi disgraziati a stare in quel regime antidemocratico. Il pensiero va al mitico film Rocky 4 in cui l’onesto italo americano batte il cattivo e dopato Ivan Drago. Tengo a stento gli occhi aperti, cado in una paralisi ipnagogica, subisco il film senza poter reagire, come quando in un sogno vedi la destinazione ma non riesci a raggiungerla. Pian piano perdo del tutto il contatto con la realtà e i miei pensieri migrano altrove influenzati dal tubo catodico. Economia di mercato o economia pianificata? Questo è il dilemma! Che cazzo di pensieri. L’economia di mercato è sgravata dagli economisti liberisti. Liberchè? Nell’economia di mercato, la produzione è affidata all’iniziativa privata e l’obiettivo è la massimizzazione del profitto. Quindi, aspetta un attimo, se l’obiettivo è la massimizzazione del profitto il fine non è quello di soddisfare i bisogni bensì di piazzarli sul mercato. Per cui la possibilità di soddisfare i propri bisogni è subordinata al potere d’acquisto di ciascuno sul mercato. Azz. Meno male che c’è lo Stato. Lo Stato è il grande padre, a volte ci sculaccia e la sua violenza viene chiamata, giustizia ma forse è giusto che sia così perché lui fissa le regole all’interno delle quali le parti sociali e i singoli individui stipulano i contratti, senza di lui non si potrebbe far nulla. Interviene in forme e gradi diversi nella produzione di particolari beni e servizi attraverso interventi diretti e di regolamentazione, influisce sulla struttura dei consumi attraverso la legislazione, la sovvenzione o la fornitura diretta di alcuni beni e servizi, partecipa alla contrattazione tra le parti sociali e sorveglia la dinamica delle variabili macroeconomiche e finanziarie. Minchia! Lo Stato fa tutto questo. Vorrei tanto rinvenire da questo torpore ma non riesco a riprender il pieno controllo delle facoltà. Improvvisamente mi balzano davanti delle donne nude. Probabilmente Freud ha ragione, la forza della nostra natura è dovuta principalmente alla libido. La mia sessualità rinviene dall’inconscio, il che significa che nella realtà ho represso o censurato qualcosa. Io che censuro e reprimo? Vorrei quasi bestemmiare ma non lo faccio. Del resto se il nostro papà è lo Stato, con un super io del genere la repressione dell’io è giustificata. Purtroppo le donne languide spariscono subito, e torno all’ossessione economica. Qualcosa è cambiato. Sono sull’economia pianificata, qui tutte le decisioni di produzione e distribuzione sono prese dallo Stato. La centralizzazione può essere di tipo “dittatoriale” o “democratica”. Il film presumo che sia finito, riesco a sentire una musica di circostanza e sento ragliare qualcosa. Sento delle urla; asini, asini, asini, siete soltanto degli asini! Mi ricorda quel tipo buffo che urla sempre capra, capra, capra. ecc. ecc. O no! Vuoi vedere che sono costretto a subire una stupida disputa tra servi? Ritornano le due economie. I liberisti tornano agguerriti criticando fortemente i socialisti. Nell’economia pianificata c’è una scarsa raccolta delle informazioni necessarie alla pianificazione, un uso inefficiente delle risorse in assenza di prezzi di mercato. Carenza di incentivi per i lavoratori e dirigenti. Riduzione della libertà individuale, perché il lavoratore non può scegliere dove lavorare, i consumatori non possono scegliere cosa consumare. Cazzarola, che stupido che sono, ecco perché, quella… come si chiamava la nazione a cui si ispirava Giovanni Lindo Ferretti… L’Unione Sovietica. Ecco perché è crollata ed ha fatto crollare tutti i paesi a lei vicini. Ad un certo punto si alza un vento caldo che brucia la terra, falci al vento e un odore rancido di sudore. Arriva la replica dei pianificatori. Il confronto tra capitalismo e socialismo non ha niente a che vedere col confronto tra modello centralizzato e modello decentralizzato. Quello che differenzia i due sistemi è che le imprese capitalistiche (e i loro profitti) sono private mentre le imprese socialiste, (i loro mezzi di produzione e i loro profitti) sono pubbliche. Incalzano ancora. Nel capitalismo, la vera asimmetria è tra capitalista e lavoratore: il capitalista sceglie se lavorare o meno, il lavoratore sceglie invece solo per chi lavorare, ma è comunque obbligato a trovarsi qualcuno, per cui lavorare. Nel socialismo questa asimmetria non esiste. La priorità è data alla soddisfazione dei bisogni primari poi via, via quelli superiori. Nel capitalismo invece è il diverso potere d’acquisto dei cittadini che determina i gradi di libertà di ciascuno nelle scelte del consumo. Madonna mia, sto cominciando a sudare, il battito cardiaco aumenta e le mie gambe si muovono di riflesso, in preda a spasmi muscolari. Allora nel socialismo lo Stato è presente, ma non sculaccia, è una sorta di tessuto connettivo, un fluido non newtoniano, un plasma vitale, un volano che smussa il momento motore, un astringente che calma la dissenteria. Mi piace. Lo stato socialista non fa cagare. Il mio inconscio va per i cazzi suoi ed elabora le mistificazioni. Ma allora. Il linguaggio economico della teoria dominante è carico di valenze ideologiche mistificate “libere scelte individuali”, “libera economia di mercato”, “libero mercato”. Che senso ha parlare di libero mercato, l’espressione non è chiara: la libertà può essere delle persone, non delle istituzioni che regolano le loro interazioni. Nel sistema dominante la parola libertà perde di significato, le scelte individuali non sono affatto libere, bensì vincolate: nei problemi di scelta individuale, si suppone che, dati gli obiettivi del decisore, gli strumenti a sua disposizione siano limitati, il che significa che la scelta avviene necessariamente all’interno di una serie di vincoli e non è mai libera. Ma allora crolla tutto, la libertà individuale è un falso storico! Le scelte non sono mai completamente libere, l’associazione dell’idea di libertà all’interazione di mercato è solo il frutto dell’ideologia liberista da cui trae ispirazione la teoria neoclassica! Dovrei proprio cominciare a frequentare di più i siti porno. Beate ossessioni sessuali. Qualcosa si muove, c’è Alfred Jarry incazzato, mi recita i primi versi de “Il Posacane”:
In veste di carnefice fiammante
sul letto della Senna palpitante.
Torna la disputa tra capitalisti e socialisti e scatta la rissa, si alza un grosso polverone, la vista è tremolante ma riesco a intravedere una figura tozza, si presenta davanti a me un tizio. Barbone e aria da saccente, mi dice:
Sarà per me benvenuto ogni giudizio di critica scientifica. Per quanto mi riguarda i
pregiudizi della cosiddetta pubblica opinione, alla quale non ho fatto mai
concessioni, per me vale sempre il motto del grande fiorentino:
Segui il tuo corso, e lascia dir le genti!
Provo a interagire ma mi becco un grosso schiaffo da quest’uomo barbuto. Mi sento preso profondamente per il culo; e meno male che doveva seguire il suo corso e lasciar dire le genti. All’improvviso un flash! Boom! La sveglia! Sono già le sette del mattino. La giornata è tersa, siamo a marzo ma sembra di essere in piena estate. Sono sudatissimo, l’ascella maleodorante e la testa confusa mi danno l’idea della notte di merda appena passata. Non sono per niente riposato, nella mia stanza aleggia ancora la puzza dell’ultima sigaretta, in più, l’eccessiva quantità di anidride carbonica rende l’aria poco respirabile, spengo quella maledetta televisione. Mi do una pacca sulle spalle e il benvenuto ad un’altra eroica giornata di lavoro sottopagato in cui l’ossessione dei pensieri e dei sogni sembrano quasi delle oasi.
Cirrus