A proposito del World Water Forum
“Inizia bene il forum dell’acqua di Marsiglia. 5 arresti di cui 2 italiani.“
Comincia così l’aggiornamento su Twitter https://twitter.com/#!/acquabenecomune del World Water Forum (WWF) organizzato dalle multinazionali dell’acqua, gestito dalla Banca Mondiale sotto l’egida dell’Onu, che coinvolge 150 paesi. Tale meeting è un modo informale per spartirsi la proprietà delle risorse idriche del pianeta e stabilire le politiche di gestione (privata). Più che forum è un evento commerciale. Marsiglia è stata militarizzata. Gli attivisti sono stati tenuti lontani così come i giornalisti regolarmente accreditati nella “press” del WWF. Fortunatamente dal 14 al 17 Marzo ci sarà il Forum Alternativo sull’Acqua organizzato dai movimenti in risposta al WWF. Gli attivisti giunti da tutto il mondo sono portavoce di un’idea diversa sulle questioni riguardanti l’accesso all’acqua, alla sua gestione e distribuzione,oltre ad avere una visione diversa della società e del mondo.
Da una trentina di anni l’acqua è entrata a far parte del campo delle teorie e delle pratiche sociali ed economiche, e dunque nel mondo delle scelte politiche. A partire dalla prima conferenza internazionale delle Nazioni unite dedicata all’acqua, tenutasi nel 1977, hanno fatto irruzione nuovi attori. Tra questi le imprese private e le compagnie multinazionali che hanno veicolato politiche elitarie, ineguali, ingiuste, inefficaci e violente. Le classi dirigenti dei paesi dominanti hanno modificato la loro visione della società in chiave individualista secondo le regole dei più forti. In pochi anni siamo passati da una cultura dell’acqua come risorsa vitale, rinnovabile, bene comune, proprietà sociale e collettiva ad una cultura in cui diviene una risorsa preziosa di grande valore di uso e valore di scambio (e dunque una risorsa prevalentemente economica). Una volta trasformata in bene/merce, ci si può appropriare di essa (a titolo privato) per essere venduta e comprata, come qualsiasi altra merce, a prezzi di mercato. I risultati di queste politiche sono stati devastanti. L’acqua è stata mercificata, la gestione dei servizi è stata privatizzata e il suo accesso è stato sottomesso al principio del potere d’acquisto, e pertanto al rendimento finanziario del capitale investito. Purtroppo c’è un’enorme barriera fra realtà e rappresentazione di questa da parte di chi gestisce le informazioni del potere. Quest’ultimo ha utilizzato i terreni astratti dei media e talvolta anche della rete telematica, dalla quale si attingono le informazione e le notizie filtrate, provando a creare consenso sulla privatizzazione e nascondendo le conseguenze di essa. Gli effetti della gestione privata sono gli aumenti delle tariffe, peggioramento della qualità dei servizi, difficoltà o perdita di accesso alle informazioni, distacco della fornitura a chi non può pagare e la violazione del diritto umano all’acqua potabile. La privatizzazione viene presentata come ricetta salvifica ai mali della gestione pubblica. Vengono scritte delle fallaci equivalenze “pubblico = inefficienza”, ”pubblico = clientelismo”, “pubblico = corruzione”. La cosa realmente divertente è che tra coloro i quali sostengono la privatizzazione come alternativa e soluzione all’inefficienza, al clientelismo e alla corruzione pubblica, ci sono proprio i politici che dovrebbero garantire l’efficienza e denunciare il clientelismo e la corruzione come disfunzioni del sistema da stigmatizzare ed eliminare. Invece tali disfunzioni diventano argomenti a sostegno della gestione privata dei servizi idrici, insieme alla presunta apertura alla concorrenza. Lo studio dell’Economia insegna che un bene per essere economico deve essere scarso e l’acqua, la risorsa più abbondante del nostro pianeta lo sta diventando. Diventa scarsa a causa dei cambiamenti del sistema economico legato ai consumi e agli stili di vita dell’economia capitalistica, diventando la più grande opportunità imprenditoriale del secolo. La questione della privatizzazione delle risorse idriche ci mostra ancora una volta come le politiche neoliberiste abbiano ormai omologato le destre alle sinistre e viceversa legiferando in favore delle politiche escludenti anche in presenza di una forte opposizione da parte della popolazione. I parlamenti e i governi si appiattiscono sulle posizioni privatistiche perché verosimilmente sono nei numeri che designano il potere economico e finanziario delle multinazionali, come delle organizzazioni sovranazionali, fra cui la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, che trasformano questo in potere politico. Chi investe soldi decide. Il potere sta facendo leva anche sul linguaggio. Il Consiglio mondiale sull’acqua (associazione creata dalle multinazionali e dalla Banca Mondiale) ha elaborato il concetto di acqua come bisogno e bene economico. La differenza fra i termini “bisogno” e “diritto” è sostanziale. Definire l’accesso all’acqua un diritto comporta la responsabilità collettiva di assicurare le condizioni necessarie e indispensabili per garantire l’acqua a tutti; mentre intendere l’acqua come un bisogno si traduce nel fatto che spetta a ciascun individuo darsi i mezzi per soddisfare il bisogno in base alle proprie capacità. In ultimo ma non meno importante, la mercificazione della risorsa in questione diventerà un elemento chiave all’interno delle tensioni tra stati.
Lo stesso Ismail Serageldin, ex vicepresidente della Banca Mondiale, ha dichiarato che “Le guerre del XXI secolo saranno per l’acqua” e se lo dice un insider…
Cirrus