Per non dimenticare: Mafia, Massoneria, Vaticano
Il 9 luglio 1943 gli anglo-americani sbarcarono in Sicilia; il 17 agosto completarono la liberazione. In quell’occasione molti esponenti di Cosa nostra occuparono importanti posizioni di potere. Calogero Vizzini, mafioso, diventa sindaco di Villalba, il cavaliere Lucio Tasca diventa sindaco di Palermo. Se la mafia fosse di fatto arruolata dai servizi strategici militari, è lavoro da storici, mafiologi e sociologi. Vari siciliani furono d’accordo e apprezzarono la collaborazione coi mafiosi tra questi un certo Michele Sindona. Nato a Patti nel 1920, laureato in legge, nel 1946 si trasferisce a Milano dove apre uno studio di consulenza tributaria e diventa un superesperto di elusione fiscale. Apre dei conti cifrati nelle banche Svizzere e nel 1950 colloca nello stato del Liechtenstein la sua prima società fantasma, la Fasco Ag. Nel 1960 la Fasco Ag acquista lo Ior (l’Istituto per le opere di religione) vaticano, conosce un personaggio dei servizi segreti inglesi John McCaffery e riesce ad allacciare i rapporti con John McCone, capo della Cia. Con l’attivismo finanziario cresce pure quello politico e facendo da ponte tra gli U.S.A e l’Italia si pone alla guida di circoli conservatori in nome dell’anticomunismo. Conosce l’avvocato Richard Nixon condividendo pienamente i principi politici, convinto che gli Stati Uniti avrebbero dovuto impedire che la regione del mediterraneo, vista la posizione strategica, cadesse in mani nemiche. Sul versante finanziario coinvolge nelle sue attività importanti segmenti bancari americani, spaziando in diversi settori. Nell’auge della sua carriera americana, in Italia, Sindona comincia a suscitare dei sospetti. Il 1° novembre 1967 l’International Criminal Police Organization di Washington informa Roma che Sindona Michele è implicato in un traffico di droga tra l’Italia e gli States. Nonostante ciò il banchiere siciliano è sugli altari. Considerato il più geniale finanziere del dopoguerra prosegue indisturbato le sue attività creando un fitto groviglio di società collegate tra loro con la tecnica delle scatole cinesi, domiciliandole nei paradisi fiscali. Negli anni il finanziere si lega a doppio filo alla destra DC (analogo legame con la destra DC lo avrà il piduista Silvio Berlusconi) che governa la Repubblica fra intrighi e corruttele. Egli riuscirà a crearsi dei proseliti come Anna Bonomi Bolchini e Roberto Calvi, vicedirettore del Banco Ambrosiano. Dopo il sodalizio col presidente dello Ior e l’elezione dell’amico arcivescovo Montini, i legami affaristici e finanziari di Sindona con il Vaticano diventano molto stretti. Nel 1968, Papa Paolo VI decide di monetizzare gli investimenti immobiliari della Santa Romana Chiesa e di reinvestire i capitali sul mercato estero: Sindona diventa prima consigliere e poi socio dell’operazione. Intanto il finanziere stringe i rapporti col monsignor Paul Marcinkus, operando in concerto. Continua a stringere i rapporti con l’ambiente Vaticano ricevendo continue benedizioni. Negli anni sessanta i beni mobili e immobili del Vaticano sono stimati nell’ordine di 5 miliardi di dollari, in quei anni monsignor Marcinkus diventa il padrino di Sindona e lo Ior diventa azionista delle banche sindoniane, acquisendo partecipazioni in società domiciliate nei paradisi fiscali. All’inizio degli anni settanta Michele Sindona è il più potente banchiere privato d’Italia, possiede 3 banche, 8 società per azioni, ricopre cariche in altre 31 società e ne controlla direttamente 58. Le sue amicizie svariano dalla conoscenza personale con il papa Paolo VI, Giulio Andreotti, il presidente americano Nixon, la Cia, i servizi segreti atlantici e la Massoneria internazionale. Ma il finanziare siciliano è anche legato a Cosa nostra e specialmente con la mafia italo-americana, succhiando quattrini dalle attività illecite , tra cui il traffico di droga. Il 17 aprile 1972 un’ispezione rivela una situazione allarmante e irregolare e viene proposto il commissariamento, la liquidazione coatta e lo scioglimento degli organi amministrativi ma la protezione di Giulio Andreotti, induce il governatore Carli a non intervenire, ritardando l’esposto alla magistratura. Il 28 luglio 1972 il giornalista americano Jack Begon denuncia i legami di Sindona con la mafia ma la sua voce resta sommersa dal coro degli elogi, esaltando l’immagine del banchiere fattosi dal nulla, la stessa mitologia del self made man a mezzo mass media che sarà alla base dell’avventura dell’ex piduista Silvio Berlusconi. Le amicizie con la Cia continuano a consolidarsi e nei primissimi anni 70’ finanzierà le cellule eversive di estrema destra come la Rosa dei venti. Nel 1973 entra in rapporti col generale piduista Vito Miceli, capo del Sid, Giorgio Almirante, segretario dell’Msi e mesi dopo conoscerà il venerabile Maestro della Loggia massonica P2, nell’estate del 1973 il finanziere siciliano entra a far parte della Loggia segreta e presenta a Gelli il banchiere Roberto Calvi. Da adesso, la destra della DC Andreottiana, insieme alla Loggia P2 prende parte attiva nell’operazione dei depositi con tangenti. Il 12 giugno 1973 il governo Andreotti si dimette; la lira, già in crisi, registra un’ulteriore caduta, Sindona su sollecitazione della Cia si rende protagonista di nuova forte azione speculativa nei confronti della moneta italiana allo scopo di provocare tensioni politico-economiche che impedissero l’ingresso di un governo di centro-sinistra. Il 9 luglio si costituisce un governo di centro-sinistra guidato da Mariano Rumor che vede come ministro del Tesoro Ugo La Malfa. Intanto l’impero finanziario di Sindona accusa una crisi di liquidità e soprattutto non trova sponda politica in La Malfa e il 28 febbraio del 1974 quest’ultimo viene indotto a rassegnare le dimissioni, Il 14 marzo Rumor vara un nuovo governo tripartito con Dc- Psi- Psdi con ministro del tesoro il Dc Emilio Colombo. Sindona finanzia ben 2 miliardi di lire per la campagna referendaria per abrogare la legge sul divorzio in quanto la vittoria sposterebbe a destra gli equilibri politici del paese ma la consultazione referendaria promossa dalla Dc rimedia una sconfitta e per Sindona è l’inizio della fine. In America la Franklin National Bank accusa enormi perdite, in Italia le azioni delle società Sindoniane sono al ribasso e il Banco di Roma lo salva dal crac; l’Espresso nel luglio del 1974 commenta “Mentre si nega il denaro alle aziende impegnate nell’attività produttiva , vengono spesi milioni di dollari per salvare il finanziere più discusso e misterioso“. Il 4 agosto 1974 le vicende sindoniane passano in secondo piano: San Benedetto Val di Sambro diventa teatro della strage dell’Italicus che provoca 12 morti e 50 feriti, mentre girano le voci che l’estrema destra sta organizzando un golpe. L’8 agosto del 1974 Nixon è costretto a lasciare la Casa Bianca a causa dello scandalo Watergate e Sindona si vede sfuggire un fortissimo alleato. Il 26 agosto, in Germania, la banca sindoniana Wolff chiude, in Italia a pochi giorni dal crac tedesco i correntisti della Banca Privata Italiana ritirano i depositi per 220 miliardi di lire. Il 27 settembre, la magistratura milanese liquida la Banca Privata Italiana e nomina liquidatore Giorgio Ambrosoli, il 4 ottobre la Procura di Milano spicca due mandati di cattura a carico di Sindona per “falsità in scritture contabili, false comunicazioni e illegale ripartizione degli utili” e l’8 ottobre comincia la latitanza. Il 12 ottobre perviene la relazione scaturita da un’ispezione ed emergono una serie di finanziamenti occulti alla Dc: 220 milioni a Raffaello Scarpitti, 450 milioni dati alla “Primavera” , la corrente di Andreotti e ben 20 miliardi al Vaticano. In difesa del bancarottiere siciliano si mobilita il connubio massoneria-mafia, sotto la regia della Loggia segreta P2. L’obiettivo della Loggia P2 in difesa di Sindona è la revoca della liquidazione coatta della Banca Privata Italiana e impedire l’estradizione, e decidono di farne un caso politico tentando di accreditare la tesi di una congiura comunista e che i magistrati milanesi fossero legati alla Sinistra, per creare l’immagine del perseguitato politico. Nel 1975 il liquidatore Giorgio Ambrosoli riesce ad entrare in possesso delle 4 mila azioni al portatore costituenti l’intero capitale sociale della Fasco Ag, la capofila dell’ex impero sindoniano e per il banchiere siciliano è un duro colpo. La sua reazione è veemente e denuncia il liquidatore per “appropriazione indebita” accusandolo inoltre di incompetenza, scorrettezza, malafede, faziosità, partigianeria, disonestà. Nel 1976 gli ambienti massonici americani si mobilitano per caldeggiare la posizione di Sindona incontrando Licio Gelli per organizzare delle pressioni negli ambienti politici per evitare l’estradizione. Il 28 settembre del 1976 Sindona scrive una lettera a Giulio Andreotti in cui elenca i vari passaggi di un piano d’azione per contrastare i giudici ed esercitare una pressione sull’apparato giudiziario e amministrativo. Del resto Andreotti è pienamente coinvolto nelle vicende del bancarottiere: i legami con ambienti mafiosi siciliani e italo-americani li accomunano, così come quelli col Venerabile della P2 e parte della sua forza politica deriva proprio da questi legami. Nell’autunno del 1976 con l’aiuto di Gelli, Sindona stila il Progetto operativo per una sistemazione della Società Generale Immobiliare e della Banca Privata Italiana in fasi interdipendenti che si pone l’obiettivo di revocare la liquidazione della Bpi e prevede l’intervento dei piduisti. Andreotti si prodiga per sostenere il progetto ma il piano Andreottiano- piduista per il salvataggio di Sindona ha il fermo veto del liquidatore Giorgio Ambrosoli. Il 13 dicembre del 1976 il venerabile della Loggia P2 crea l’operazione “affidavit” insieme ad altri massoni scrivendo: “L’influenza dei comunisti è giunta fino al ministero della giustizia, tutta la mia vita l’ho passata a combattere il comunismo; sono a conoscenza degli attacchi dei comunisti contro Michele Sindona, ed è dovuto al fatto che egli è un anticomunista e favorevole al sistema della libera impresa in un’Italia democratica”. Da notare che la tesi del complotto comunista da parte della magistratura, è storia vecchia. C’è comunque da considerare che la stessa magistratura, in Italia, è sempre stata un potere che, sotto la spinta delle influenze internazionali, ha sancito il destino degli equilibri di intere nazioni e dei loro popoli. (Mani pulite docet). Nel gennaio del 1977 il bancarottiere siciliano scrive nuovamente ad Andreotti per sollecitare la sostituzione di Ambrosoli, ridimensionare il comportamento del pubblico ministero, trovare una soluzione per la Banca Privata Italiana e far cadere il presupposto dei reati fallimentari. Nella primavera del 1977 vengono apportate alcune modifiche al progetto per il salvataggio di Sindona col diretto coinvolgimento del banchiere piduista Roberto Calvi del Banco Ambrosiano. Il 12 luglio gli avvocati Federici e Gambino incontrano Andreotti e gli consegnano il nuovo progetto che prevede la partecipazione del piduista Roberto Calvi, per impegnarlo nel salvataggio della BPI, mentre pian piano Sindona inizia a perseguire una strategia sempre più aggressiva, prendendo di mira Giorgio Ambrosoli. Sindona è pressato dagli ambienti mafiosi coinvolti nel crac coi loro capitali da riciclare e investire, mentre è in corso il sequestro Moro, le manovre di Sindona assumono caratteristiche apertamente criminali, fatte di pressioni, sottili ricatti, e vere e proprie minacce. Le sciagure processuali continuano ad andare avanti e il 18 maggio del 1978 il giudice americano Thomas Griesa, accoglie la richiesta di estradizione di Sindona in Italia. Nel frattempo l’avvocato Guzzi studia una soluzione per la quale la Banca d’Italia paga il buco di 250 miliardi di lire, il 5 e il 25 luglio, Andreotti si incontra con l’avvocato Guzzi, dopodiché consegna il nuovo progetto al ministro dei Lavori pubblici, il piduista Gaetano Stammati. Verso la fine di novembre, su incarico di Andreotti, il ministro Stammati sottopone il progetto di salvataggio a Carlo Azeglio Ciampi, direttore generale della Banca d’Italia che dopo due settimane boccia il progetto come impraticabile. In questa contesa vediamo due blocchi. Da una parte il liquidatore Ambrosoli e la Banca D’Italia, dall’altra il presidente del Consiglio che difende un bancarottiere mafioso in latitanza, tentando di addossarne il crac alla collettività. Nel natale del 1978 , il liquidatore Ambrosoli comincia a parlare delle telefonate minatorie ricevute e in seguito a tali dichiarazioni si attiva la Procura della Repubblica milanese. Il 19 marzo del 1979 la magistratura americana incrimina Michele Sindona addebitandogli ben 99 capi d’imputazione, dando l’ennesimo colpo per i suoi sodali siculo – americani e per i capitali coinvolti nel crac. La notte dell’11 luglio del 1979 l’avvocato Giorgio Ambrosoli viene assassinato nel corso di un agguato mafioso con 4 colpi di pistola, il movente è chiaro ma nonostante tutto Andreotti rimane legato al bancarottiere mafioso e piduista fino all’ultimo, probabilmente costretto a farlo anche nell’interesse dei suoi consociati mafiosi. Dopo l’omicidio Ambrosoli Sindona prepara il suo ritorno clandestino in Italia. Incontri e telefonate si susseguono tra il bancarottiere e John Gambino, Salvatore Macaluso e il palermitano Rosario Spatola cugino del boss mafioso Salvatore Inzerillo. In occasione del suo ritorno in Italia Sindona finge di esser stato rapito. Il 9 agosto del 1979 all’ufficio newyorkese di Sindona viene recapitata una busta con un messaggio: Michele Sindona è nostro prigioniero. Dovrà rispondere alla giustizia proletaria. E’ evidente che la messinscena sindoniana vuole assumere connotazioni politiche, tentando di accreditare la tesi del complotto comunista contro il bancarottiere. Intorno alla messinscena sindoniana si dipana la ragnatela massonica- mafiosa, in un frenetico susseguirsi di viaggi e telefonate tra la Sicilia, gli Stati Uniti, la Svizzera; l’epicentro è in Italia, lungo la direttrice Palermo- Roma– Arezzo– Milano. A Palermo il bancarottiere frequenta liberamente vari ristoranti tra cui il Charleston di Mondello, mentre sul livello pubblico scimmiotta il caso Moro, fingendosi in balia dei sequestratori pseudo- politici. Il 21 settembre si trasferisce a Torretta. Del trasferimento nel paesino della provincia di Palermo, parlerà il mafioso Marino Mannoia che con alcuni mafiosi intendeva costruire un laboratorio nella villa di Spatola a Torretta per raffinare una ingente partita di morfina, ma Stefano Bontade disse che non era possibile disporre della villa, perché in quel periodo vi dimorava Michele Sindona. Mannoia dichiarerà come Gelli faceva investimenti per conto di Calò, Riina, Madonia e altri corleonesi, Sindona faceva investimenti finanziari per conto di Bontade e Inzerillo. Vediamo dunque un’intensa collaborazione tra mafie , massoneria e reparti istituzionali e scopriamo che Sindona vuole addirittura che Stefano Bontade e altri membri di Cosa nostra si possano affiliare e far parte della massoneria, sostenendo che la mafia ne avrebbe tratto vantaggio. Secondo Giuseppe Calò , a Sindona sarebbero state affidate ingenti somme di denaro da Stefano Bontade, Salvatore Inzerillo e Salvatore Riina e una volta che gli affari sindoniani andarono male i palermitani pretendevano la restituzione del denaro così nel 1979 Sindona fu costretto a ritornare in Italia per rendere conto del suo operato. Ci furono summit di chiarimenti con gli esponenti di Cosa nostra. Sindona il 13 ottobre si imbarca alla volta degli Usa, ricompare a New York e il 18 ottobre viene tratto in arresto dall’Fbi e sottoposto ad un primo interrogatorio. Il 13 giungo del 1980 il giudice Thomas Griesa condana Michele Sindona a tre pene detentive di 25 anni ciascuna e ad una ammenda di 207 mila dollari. Il 12 marzo 1981 i magistrati milanesi Turone e Colombo (che saranno negli anni novanta attivi nelle inchieste di Mani pulite) dall’inchiesta del falso rapimento inscenato da Sindona con piduisti e mafiosi, ordinano la perquisizione domiciliare a carico di Licio Gelli a Castiglion Fibocchi, che porterà alla scandalo della P2. Il 25 settembre il bancarottiere viene estradato in Italia e condannato a 15 anni di carcere. Nel 1985 a Voghera, dove era detenuto, Sindona parla con uno scrittore americano Nick Tosches dicendo che all’origine dei patrimoni all’apparenza più rispettabili ci sono quasi sempre guadagni illegali e evasione fiscale. Sindona distingue tra denaro nero e denaro sporco: il primo è collegato all’evasione fiscale, il secondo è accumulato dal crimine essenzialmente con il traffico di droga. La Svizzera sarebbe uno dei paesi preferiti dalla mafia e secondo lui i centri del potere del traffico della droga sono solo stati superficialmente sfiorati dalla cattura di Buscetta e Badalamenti, e inoltre le banche utilizzate da cosa nostra sarebbero il Banco di Sicilia e la Banca Rasini , in affari, tra l’altro, con il palazzinaro piduista Silvio Berlusconi. Il 18 marzo del 1986 il Tribunale di Milano condanna Sindona al’ergastolo quale mandante dell’omicidio Ambrosoli. Nonostante il bancarottiere nella sua cella avesse 3 telecamere ed una squadra di 12 guardie, due per turno, che lo sorvegliavano tutto il tempo, alle 8 del 20 marzo del 1986 riceve la prima colazione e alle 8.15 urla in cella: Mi hanno avvelenato. Gli esami tossicologici registrano tracce di cianuro di potassio in dose letale e Sindona muore il 22 marzo e si parlerà di suicidio. Francesco Pazienza ha fatto parte del Supersismi e in un suo memorandum datato 22 settembre 1984 scrive: “Se Sindona sarà detenuto in un carcere di supersicurezza e isolato, si troverà una soluzione alla Pisciotta, le indagini non porteranno a nulla o, perlomeno, si parlerà di suicidio(…) Gli esecutori, secondo me, andranno ricercati tra quelli dei servizi segreti, Sismi e Sisde“. Il memorandum si conclude così: “Nel caso in cui Sindona morisse in una situazione “pulita” e improvvisa vuol dire che gli americani sono entrati nel gioco. Solo costoro possono fornire veleni sofisticati che potranno patologicamente dimostrare all’autopsia situazioni anormali ma naturali. Gli italiani più che arsenico e cianuro non conoscono o non hanno la possibilità di utilizzare“. Gli interessati: Andreotti… Vaticano… Americani.
Cirrus
È tutto un mangia mangia generale!!!
ma posso stampare l’articcolo? per me è più facile leggerlo.
Certo!