Minchiata #36: Bosseide
Minchiate. Spigolature di un compagno scomodo
Rubrica a cura di Salvo Vitale
Bosseide
Cantami, o diva, del padano Bossi
l’ira funesta che infiniti addusse
lutti agli Itàli, molte anzitempo al fresco
generose travolse alme di ladri.
Così di Temi, dea della Giustizia,
l’alta sentenza s’adempiea. Gridavan:
“Non è possibil, non è niente vero”,
tutti i padani di provata fede
nell’apprender la trista e ria novella:
tutto è un complotto di Roma ladrona
per colpire chi vuol la secessione.
Gridò il bavoso: Roma farabutta,
e il dottor Trota, sua ben degna prole,
che tre volte, somaro, fu bocciato,
pure a gridar con lui, sono innocente,
presi qualche milion, non feci niente;
la pasionaria, dottoressa Rosy
a urlare come ossessa mentre dietro
la seguiva Pier Mosca, il suo pupillo,
che dottore ella fece diventare
portandolo al senato per scopare.
Persino alla Bosina di Varese,
scuola di formazione a pagamento,
Manuela Marrone, sua consorte,
a trentanove anni pensionata,
fece girar tanti di quei milioni
che agli Itali girarono i coglioni
E nessuno sapea e sapean tutti
quanto i padani fosser farabutti.
Ad Eridanio Sirio, ultimogenito,
venne aggiustato il naso un po’ sbilenco
col pubblico denaro, ed a Riccardo
figlio di primo letto fu comprata
una porche e una bella laurea inglese,
a Roberto una piccola condanna
perché contro i nemici comunisti
gavettoni gettò alla candeggina
e infine il Trota al lombardo consesso
portato fu, malgrado fosse un fesso,
sedette con Nicole senza far niente
e persino all’Expo fu consulente,
in giro sempre con i macchinoni
e osannato da tutti i polentoni.
Quando l’Umberto fu ricoverato,
il pagamento venne anticipato
coi soldi della Lega e dello stato,
e i giudici lo hanno anche accusato
persino d’aver ristrutturato
la villa di Gemonio, in brutto stato.
Ahi che triste famiglia di papponi,
circondata da luridi ladroni,
dal porco Calderoli, da Maroni,
da Borghezio, Castelli, da Speroni,
e una lista infinita di furboni,
di mangioni, imbroglioni e mascalzoni.
E il pornonano ad Arcore regnante,
spesso lo invita e aspetta ch’egli giunga
per fare insieme a lui un bel bungabunga.
Ahi serva Italia, ahi povera nazione,
che vedendo e subendo tutto questo
non sei capace d’una reazione!!!
Ma proseguiamo in questo triste canto:
il cornuto animal che mai non dorme,
dopo che malattia gli deformò il volto,
indusse noi a subire le sue forme,
poiché ministro fu delle riforme.
Alla fine si è dimesso dalla Lega,
ma non da senatur, anche la Rosi
non si dimetterà da senatrice,
ma solo da vicepresidente,
il che vuol dire e non vuol dire niente.
Chi ridarà il denar ch’hanno rubato
I partiti e i politici allo stato?
E soprattutto vorremmo sapere
se, dopo tutto questo grande schifo,
qualcuno avrà il coraggio di gridare
che il Sud ha da finire in fondo al mare,
se ancora ci sarà qualche cretino
che possa dire: morte al clandestino,
o se dobbiamo arrenderci al destino
di ritener che in ogni circostanza
di cambiare non c’è alcuna speranza.
(S.V.)
Carina l’idea di chiosare il poema omerico per descrivere le malefatte dei padani. Ma non riesco a esultare: prima che siciliana, ahimè, mi ritengo italiana e mi sento offesa in quanto tale dalle ruberie e corruttele ovunque esse avvengano. Credo che non si debba cadere nelle maglie del “razzismo polentone” talmente becero e incolto, da suscitare lo sberleffo. Conserviamo la nostra rabbia, sempre intatta, per l’intreccio subdolo che ancora ci strangola: quello tra le mafie che agiscono su tutto il territorio nazionale, anche al nord certamente, e le istituzioni che dovrebbero pensare al benessere dei cittadini e non lo fanno.