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Nomina nuda tenemus

5 risposte

  1. salvatore talia ha detto:

    A proposito delle citazioni di Gramsci utilizzate da Saviano, ho già scritto sul mio blog e qui non mi ripeto.

    La mia impressione è che Saviano col suo articolo abbia voluto più che altro “regolare i conti” con certi settori della sinistra marxista che lo hanno attaccato duramente negli anni scorsi.

    Solo che lo ha fatto nel modo sbagliato.

    Paradossalmente Saviano è caduto in un vizio antico della sinistra italiana, quello di piegare strumentalmente il discorso teorico e storico a fini di polemica contingente.

    In altre parole, Saviano nei mesi scorsi ha deciso di non rispondere alle critiche (anche ingiuste) rivoltegli dai vari Dal Lago, Sepe, Bascetta o Evangelisti. E fin qui O.K., è una sua scelta.

    Adesso però se ne esce con questo articolo, dove per togliersi il suo sassolino dalla scarpa se la prende nientemeno con Antonio Gramsci e con l’intera tradizione marxista italiana.

    Tra l’altro, non è neppure vero che “i comunisti” in blocco lo abbiano attaccato. Quando uscì la polemica concertata dalla casa editrice del “manifesto” contro di lui, ad esempio, la redazione di “Carmilla” pubblicò un dossier molto dettagliato che demoliva il libro di Dal Lago; i Wu Ming, sul loro blog e altrove, si schierarono con lui; sulle stesse pagine del “manifesto” la direzione del giornale pubblicò un editoriale in difesa di Saviano, ecc. ecc.

    Tanto più è ingiusto, quindi, anche sul piano personale, che adesso Saviano faccia di tutta l’erba un fascio, attaccando indiscriminatamente “i rossi” con argomentazioni ridicole e ideologiche, da “Libro nero del comunismo”.

  2. Antonio ha detto:

    Per ragioni di completezza, pubblico qui la risposta che Alessandro Orsini ha scritto a uno dei suoi recensori più critici, il prof. D’Orsi. Credo possa essere utile per una comprensione più piena della questione:

    Angelo D’Orsi, professore nell’Università di Torino, ha attaccato Roberto Saviano per avere recensito il mio ultimo libro su Repubblica (Gramsci e Turati. Le due sinistre, Rubbettino): “Saviano – ha detto − l’ha fatta fuori del vaso e il libro di Orsini è una porcheria”. D’Orsi ha addirittura dichiarato che Saviano “andrebbe fermato”, limitandolo nella parola.
    Lo sfogo di D’Orsi conferma la mia tesi. Due sono le principali culture politiche della sinistra.
    Vi è la sinistra di Gramsci, il quale invitava a chiamare “porci”, “scatarri”, “pulitori di cessi” e “stracci mestruati” coloro che erano in disaccordo con i suoi convincimenti ideologici; e vi è la sinistra di Turati che condannava l’insulto e promuoveva il libero confronto delle idee.
    La sinistra di Gramsci produce un tipo di intellettuale che ricorda la figura del chierico della Chiesa medievale: è un organo del Partito. E il Partito è concepito leninisticamente come una macchina da guerra il cui dichiarato obbiettivo è la dittatura. Certo, nei Quaderni, Gramsci alla strategia della “guerra di movimento” oppose la strategia della “guerra di posizione”. Ma si trattava pur sempre di guerra. E in guerra non c’è spazio per la tolleranza. C’è solo un imperativo: annientare l’avversario incominciando con la sua degradazione morale, che non può fare a meno dell’insulto.
    Sotto il profilo del metodo, D’Orsi ha attaccato il mio libro perché, a suo dire, non terrebbe in considerazione il contesto in cui Gramsci pronunciava le offese e gli inviti alla violenza contro i suoi critici. A D’Orsi rispondo che il contesto storico-politico in cui vissero Gramsci e Turati fu lo stesso. Nonostante ciò, Gramsci e Turati difesero principi e valori opposti, come ho spiegato nella nota sul metodo che chiude il volume.
    Gli uomini, pur essendo influenzati dal contesto in cui vivono, rispondono in maniera differente davanti agli stessi stimoli. Questa diversità nel rispondere in situazioni analoghe è, in larga parte, una conseguenza dei valori interiorizzati dall’individuo. La crisi economica che investì la Repubblica di Weimar coinvolse milioni di tedeschi, ma non tutti abbracciarono il nazismo. Allo stesso modo, non tutti i professori universitari italiani giurarono fedeltà a Mussolini. Gli uomini non rispondono in maniera meccanica agli stimoli che ricevono dall’ambiente esterno.
    Gli uomini scelgono.
    Gramsci e Turati militavano nello stesso partito quando Mussolini si affermò al congresso socialista di Reggio Emilia; quando ci fu il biennio rosso; quando Lenin impose il Terrore; quando Mussolini conquistò il potere. Eppure, scelsero valori opposti, perché le loro culture politiche erano inconciliabili. Turati promosse sempre la pedagogia della tolleranza. Gramsci, invece, la pedagogia dell’intolleranza e l’elogio dell’insulto.
    Il metodo dell’analisi culturale comparata − che ho impiegato per la prima volta nello studio della figura di Gramsci − ha esattamente questo obiettivo: mostrare il potere condizionante delle culture politiche e delle teorie pedagogiche, le quali non coincidono con l’azione, ma la predispongono in maniera decisiva. Alessandro Orsini

  3. salvatore talia ha detto:

    Allora: io il libro di Orsini non l’ho letto. Posso parlare, e ho parlato, dell’articolo di Saviano su “Repubblica” del 28 febbraio.

    E rilevo che, in questo suo pezzo, Saviano:

    1) non solo ha parlato del pensiero di Gramsci astraendo dal suo contesto storico;

    2) non solo ha preso in considerazione solo alcuni scritti di Gramsci, astraendoli dal complesso del pensiero di quest’autore e dalla sua linea di sviluppo (tra l’altro, si tratta di scritti giovanili di minore importanza: erano dei trafiletti di cronaca cittadina che Gramsci scriveva per le pagine torinesi dell’Avanti);

    3) ma ha addirittura preso, di ognuno di tali scritti, solo alcune parole ed espressioni, astraendole dal contenuto dell’intero brano.

    E, basandosi su queste poche citazioni, tre volte avulse, Saviano ha preteso di impiantare una ricostruzione teorico-storica generale dell’intero pensiero della sinistra italiana.

    E’ un’operazione, quella di Saviano, che si commenta da sé.

    Quanto ad Orsini, ripeto, non ho letto il libro. Però, stando solamente a quanto Orsini scrive qui sopra: affermare che in Gramsci “il Partito è concepito leninisticamente come una macchina da guerra il cui dichiarato obbiettivo è la dittatura”; affermare che Gramsci propugnasse “solo un imperativo: annientare l’avversario incominciando con la sua degradazione morale, che non può fare a meno dell’insulto”; ecco, affermare queste cose significa dire delle falsità, pure e semplici. Non è neanche questione di interpretazione del pensiero di Gramsci: basta aver letto, anche superficialmente, i “Quaderni del carcere”, per sapere che queste affermazioni di Orsini sono sciocchezze.

  4. Massimiliano Roma ha detto:

    Gentile Salvatore, come fa a dire che Orsini nel suo libro afferma delle falsità nel riportare il pensiero di Gramsci se non ha letto il libro?

    Se avrà modo di leggere il libro – glielo consiglio altrimenti è difficile anche comprendere l’articolo di stesso Saviano che è prima di tutto una recensione – vedrà l’imponente ricerca di documenti a suffragio delle tesi di Orsini sul messaggio politico di Gramsci.

    Quindi, o sono false le citazioni di Orsini sugli scritti di Gramsci oppure, mi perdoni, ma il suo giudizio è alquanto superficiale.

  5. jean chèrami ha detto:

    certo è difficile ammettere di aver avuto di aver avuto dei cattivi insergnanti;
    ma il problema non è quello che ha detto Gramsci dei riformisti ma quello che Tutrati ha detto dei massimalisti: e sinceramente non gli si può dar torto (un esempio per tutti: il patto Molotov- Ribbentrop).
    Consiglio a voi tutti del Valium e del Pantorc

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