RADIO AUT: Peppino Impastato, gli anni settanta e i rivoluzionari (di Erri De Luca)
Pubblichiamo a distanza di qualche anno (2008), questa bellisima prefazione “Una generazione mondo” di Erri De Luca ad un libro poco conosciuto Radio AUT Materiali di un’esperienza di controinformazione di Ed. Alegre. Il libro raccoglie le testimonianze di alcuni compagni (Salvo Vitale, Andrea Bartolotta e Paolo Arena) ed alcuni scritti originali di Peppino sull’esperienza di Radio Aut.
L’insegna posta sul balcone di Radio AUT a Terrasini
Riteniamo questo libro insieme a “Lunga è la notte” Ed. CSD Peppino Impastato, la più importante testimonianza di Peppino Impastato giunta fino ai nostri giorni, poco conosciuta perchè forse troppo scomoda per i puristi della bellezza e del Peppino santo o pacifista.
Ecco perchè questa considerazione di Erri De Luca, scrittore ed ex militante di Lotta Continua è dirompente e quanto mai attuale: lo scrittore non fa altro che inserire Peppino nel percorso storico di quegli anni settanta che molti vorrebbero nascondere o trasformare a proprio piacimento, consegnandoci un Peppino rivoluzionario e militante comunista.
Una generazione mondo: i rivoluzionari, gli anni settanta e Peppino Impastato
di Erri De Luca
Ricorre in queste pagine l’aggettivo: rivoluzionario. L’Italia degli anni settanta sfornò una quantità di tali militanti. Oggi questo attributo è vago e subordinato a quello di terrorista. Oggi siamo nell’epoca di chi chiama terrorista pure una banda di tifosi che si scontra con la polizia. Delirio o farsa, è che lo fa un magistrato.
Allora bisogna occuparsi di aggettivi. Terrorista è il bombardamento aereo di una città. Non ha altro scopo fuori di quello di procurare strage a casaccio e seminare terrore tra indifesi ed inermi. Il terrorismo comincia a Guernica nel 1937 sotto le bombe sganciate dalle ondate di attacchi della divisione Condor della Lutwaffe sopra un obiettivo civile che non aveva nulla di strategico in un giorno di mercato. Rispetto a questo terrorismo, tutto quello che va sotto questo nome è sfumatura. In Italia c’è stato il terrorismo ed è stato di stato. E’ stato di stato: uno stato al quadrato. Alimentato da apparati interni alle pubbliche istituzioni, con esplosivo scoppiato sui treni, nelle stazioni e nelle piazze, dentro le banche: è rimasto impunito. Consiglio perciò questa facile distinzione: considerare terroristi gli impuniti di stragi. La loro impunità garantisce l’aggettivo.
Secondo termine da definire: rivoluzionario. Non ha niente da spartire con lo scalmanato, il ribelle, l’attaccabrighe, il clandestino. E’ stata una lunga specializzazione pubblica, dal basso che si è urtata contro tutti i poteri costituiti, senza mediazione.
Il Partito Comunista Italiano non fu mediatore, ma nemico storico e giurato di tutto quello che si muovev fuori di sé alla sua sinistra. La terza Internazionale, apparato sovietico che legava a sé tutti i partiti comunisti, lo aveva dimostrato eliminando fisicamente gli anarchici durante la guerra civile spagnola. Il PCI veniva da questa lezione e la proseguiva. In tutto l’arco parlamentare non c’era un cane che mediasse tra le istituzioni e i rivoluzionari italiani degli anni Settanta.
Ma le lotte sociali dei rivoluzionari non avevano obiettivi estremisti. Si organizzavano autoriduzioni collettive delle bollette, riducendole al calcolo di 8 lire al chilowattora, tariffa pagata dall’industria. Si organizzavano occupazioni di case lasciate vuote da speculatori, per chi non aveva un tetto, si lottava in fabbrica per migliorie di ambiente e sicurezza, nell’esercito contro l’arretrato trattamento del soldato di leva. I rivoluzionari puntavano ad obiettivi pratici e moderati. Ma la repressione contro di loro fu massiccia e smisurata, così da trasformarli lentamente in rivoluzionari a tempo pieno. I militanti della sinistra rivoluzionaria italiana sono stati i più incarcerati per motivi politici di tutta la storia d’Italia; molto di più in termini di detenzione dei prigionieri del ventennio fascista.
Questa è solo una premessa per aggiornare un po’ di vocabolario. E’ un documento di storia. Ripoprta le questioni di quel periodo e l’intelligenza collettiva che inventava risposte.
La Radio come il teatro era ed è il mezzo più immediato e democratico per la circolazione del pensiero critico e dell’informazione puntuale. Oggi la supplenza di Internet è solo un archivio di consultazione. La Radio libera, il teatro chiamavano invece a voce forte ad uscire, ad incontrarsi in assemblea, in piazza. Davano appartenenza al tempo presente.
Da noi le verità non sono uscite dai tribunali, ma dalle radio libere e dal teatro. Morte accidentale di un anarchico, di Dario Fo è la verità sull’omicidio del ferroviere Pinelli nella questura di Milano. Vajont è la verità grazie a Marco Paolini, sulla catastrofe provocata dalla diga. Dai tribunali sono uscite versioni di comodo, carta straccia.
L’opera di Radio AUT è questo. Aut in latino è: oppure. Non è la pronuncia della parola inglese out, fuori, ma l’opposizione dell’oppure, di un’alternativa alla informazione falsa e reticente. Il suo valore aggiunto sta nella notizia data secca senza enfasi. Il bollettino va al sodo, narra e spiega con frasi brevi. C’è uno strascico verboso nell’eloquenza della sinistra rivoluzionaria, c’era un gergo qui completamente assente. Qui la passione politica è arrivata allo stile della notizia nuda che da sola produce impatto, mentre da conto dei fatti. Qui c’è giornalismo vero e già solo per questo è rivoluzionario.
I notiziari aprivano con cronache dal mondo. Era questa la formazione sentimentale e politica della generazione rivoluzionaria, proveniva da uno schieramento su scala mondiale. Si apparteneva a un mondo che cambiava i suoi connotati e i rapporti di forza con le lotte armate rivoluzionarie. L’Italia era penisola accerchiata da fascismi, da Portogallo a Turchia, molte forze interne spingevano ad allinearla. Nel mondo vincevano le lotte rivoluzionarie in Vietnam, Angola, Mozambico. Il mondo era tutto vicino, alzava le medesime bandiere.
Noi rivoluzionari degli anni settanta siamo stati una generazione mondo. Abbiamo perciò avuto un sentimento di superiorità verso i piccoli feudatari della politica italiana, i satrapi mafiosi. Li abbiamo combattuti e irrisi, perché avevamo un più vasto passaporto.
L’odio politico che ci siamo procurati è oggi incomprensibile, se non si pensa a quanto rancore misto a paura fisica, abbiamo scatenato nei nervetti deboli della classe dirigente. Peppino, militante dell’organizzazione rivoluzionaria Lotta Continua, è stato ammazzato con sapienza. Eliminare lui per mutilare tutti. Ed è andata così.
Noi oggi con questo articolo cominciamo una campagna di controinformazione sulla figura di Peppino Impastato, per impedire il tentativo subdolo e meschino di trasformare uno dei più grandi rivoluzionari della storia politica del 900 in un eroe della legalità o un santo laico.