Forum Sociale Antimafia 2010: proposte di discussione
Forum Sociale Antimafia 2010: proposte di discussione
Anche quest’anno il Forum Sociale Antimafia di Cinisi definirà un contesto di discussione e di confronto sulle attuali condizioni politiche, sociali ed economiche con la finalità di individuare strategie di cambiamento partendo dalle linee guida tracciate dall’esperienza di lotta di Peppino Impastato.
Peppino incarna ogni aspetto della sinistra rivoluzionaria, pre e post ’68, e delle lotte per i diritti dal basso e non può essere ridotto a strumentale icona della difesa della legalità da parte di fasce reazionarie, come la finta sinistra d’opposizione, gli antimafiosi da salotto e di facciata.
Peppino era, è e resterà un’incrinatura sulla superficie liscia dell’ipocrisia di sistema, un vero oppositore che rifiuta il compromesso fino all’estremo.
Le sue lotte restano le nostre:
- Il controllo serrato dei mezzi di comunicazione di massa ha prodotto la diffusione capillare del consenso filogovernativo, con l’eliminazione di ogni voce realmente dissonante fuori dal teatrino della finta opposizione, e ha prodotto le condizioni di quella che Gramsci chiamava, agli esordi del fascismo, la “rivoluzione regressiva”, ossia lo scontro di pezzi di masse contro altre: i giovani contro i vecchi, i precari contro gli stabilizzati, gli autonomi contro i pubblici dipendenti, gli ‘autoctoni’ contro i migranti…
- È vitale individuare nuove strategie per la difesa e la riconquista degli spazi sociali, luoghi dove l’aggregazione, la riflessione, lo studio, la capacità di immaginazione possano produrre una crescita della coscienza collettiva tale da trasformarli in sacche di resistenza alle pressioni sempre più preoccupanti del potere governativo e delle forze reazionarie; all’interno dei quali sia possibile superare l’isolamento, per unire tutte le diverse forme di lotta dal basso, così da garantire un sostegno di massa all’opposizione sociale e all’antagonismo di classe. L’intervento repressivo delle istituzioni è oggi motivato dalla necessità di controllare e di scoraggiare qualsiasi forma di contestazione e di ribellione legata al sempre più diffuso malcontento. Oggi è sotto attacco anche la sola possibilità di poter dire NO.
- La destra al governo – proseguendo l’opera distruttrice dei governi di centro-sinistra – si appresta a polverizzare in Italia ogni elemento di dissenso sociale per imporre col suo autoritarismo da operetta una sempre più spietata e spregiudicata appropriazione indebita di beni comuni (privatizzazione dell’acqua, saccheggio del territorio per realizzare opere pubbliche inutili e dannose), di servizi pubblici (distruzione della sanità e dell’istruzione pubbliche), dell’amministrazione e di pezzi della cosa pubblica, da parte di una imprenditoria rapace e collusa, attraverso funzionari corrotti, criminalità organizzata, rappresentanti di istituzioni reazionarie (come il clero). 200.000 licenziati nelle scuole, 800.000 nelle grosse aziende, investimenti a basso costo all’estero, tagli alla sicurezza a vantaggio delle ronde squadriste, il tutto con l’acquiescenza o la compartecipazione dei sindacati concertativi: il potere, con un velo di perbenismo e di finta cultura liberale, cerca di garantire l’espansione senza alcun intoppo al sistema economico neo-liberista che ingrassa gli sfruttatori condannando alla fame i produttori di beni primari, allo sfruttamento una mano d’opera sempre più privata dei propri diritti, mentre la crisi finanziaria lo attanaglia e provoca il tracollo dell’economia reale.
- Tra le vittime dell’attuale politica reazionaria particolare attenzione va riservata ai popoli dei paesi del cosiddetto terzo e quarto mondo, coloro che assistono alla depredazione dei loro territori e, costretti ad emigrare a causa della povertà, guerre strumentali, dittatori-burattini, ecc., diventano la principale forza di lavoro schiavizzata nei paesi cosiddetti civilizzati. L’abbassamento del costo del lavoro che ne consegue, accompagnato alla riduzione dei diritti inerenti e dalla totale mancanza di tutela, produce guerre tra poveri e assicura lauti guadagni agli approfittatori e a quanti li sostengono.
- La mafia e la pseudo-legalità sono ormai diventate validi strumenti di propaganda dell’attuale governo che, nonostante abbia raggiunto livelli intollerabili di corruzione, avendo trasformato di fatto la gestione pubblica in un tipico schema clientelare-mafioso (gestione delle emergenze), si affanna nel fingere di mostrare i muscoli nel contrasto alla criminalità organizzata. Il piano mescola clamore mediatico con l’arresto di qualche latitante (peraltro operato non certo dal governo, ma da forze dell’ordine anzi depotenziate sul territorio), con atti che di fatto ridanno ossigeno all’imprenditoria mafiosa (quali la messa in vendita dei beni confiscati), in modo da lasciare di fatto intatta la fitta rete di connessioni tra massoneria, imprenditoria, controllo criminale del territorio, ecc. Le imprese mafiose, anche quelle non immediatamente coinvolte in traffici illeciti, producono profitti e salari, essendo divenute a tutti gli effetti parti organiche di un tessuto economico che solo formalmente può ormai essere definito sano. L’economia mafiosa non è un nucleo di arretratezza e di sottosviluppo, al contrario costituisce una fetta considerevole del fronte più avanzato dell’accumulazione capitalistica mondiale. Pensare che la mafia possa essere combattuta solo con lo sviluppo capitalistico è una tesi pericolosa. L’Italia è sempre più strutturalmente uno stato-mafia, in cui il potere mafioso, nella sua complessità di livelli e di strutture di relazione, è sempre più struttura portante indispensabile dell’equilibrio del potere. La resistenza alla mafia si pone pertanto come questione politica di potere nazionale, che tocca trasversalmente l’intero blocco storico dominante. Vogliamo ripartire con sempre più convinzione dall’esperienza di Peppino Impastato, dalla profondità delle sue analisi, quanto mai attuali, dall’efficacia delle sue strategie di diffusione della consapevolezza e di individuazione dei bisogni reali per i quali è necessario proseguire nella lotta.