Documento finale Forum Sociale Antimafia “Felicia e Peppino Impastato” 2012
Anche quest’anno il Forum sociale antimafia “Felicia e Peppino Impastato”, giunto ormai alla sua undicesima edizione, ha proposto un ricchissimo percorso di riflessione e di socializzazione delle conflittualità, mettendo in rete – dal basso – alcuni tra i più significativi segmenti delle lotte che attraversano il nostro paese. Punto di riferimento di tutte e cinque le giornate è stato, ancora una volta, il percorso politico di Peppino Impastato, le sue battaglie, le scelte che insieme ai tanti compagni lo portarono allo scontro aspro e consapevole con la mafia di Cinisi. Al di fuori di ogni arroccamento in sterili difese memoriali e di ogni forzosa operazione di gestione strumentale di una figura come quella di Peppino Impastato, in questi undici anni il Forum ha sempre tentato di attualizzare il patrimonio politico e culturale che Peppino ha rappresentato e continua a rappresentare. Per far ciò ci si è sempre aperti alle esperienze locali, nazionali e internazionali di lotta, dando voce e visibilità a tutte quelle forme di resistenza territoriale che raramente hanno cittadinanza nel dibattito politico italiano (e non solo). Volendo proseguire il tratto forse più significativo dell’intero percorso di Peppino, le realtà che promuovono ed organizzano il Forum hanno perciò tentato anche quest’anno di coniugare l’elemento territoriale, che sta alla base di ogni processo di emancipazione e di protagonismo consapevole delle masse, con uno sguardo d’insieme e sistemico rivolto alla dimensione nazionale e internazionale. Siamo partiti con il confronto tra diverse visioni della crisi e delle sue cause, provando a riconoscere possibili vie d’uscita e denunciando il valore antidemocratico di leggi e politiche nazionali e comunitarie, a partire dal recente e coatto inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione, per giungere al riconoscimento della strutturale contraddittorietà del modello capitalistico, che si esprime in un potenziale sempre più distruttivo ai danni delle società che dal capitale sono governate. Analizzare e combattere il fenomeno mafioso oggi, vuol dire saper declinare consapevolmente delle risposte all’altezza dell’odierna crisi del capitalismo, quelle stesse risposte che in un confronto aperto, orizzontale e serrato abbiamo provato a far emergere insieme a chi affronta quotidianamente le conseguenze di una tale crisi, quelle stesse risposte che Peppino cercava negli anni delle sue lotte e della sua militanza politica rivoluzionaria. La ricerca di questo filo rosso ci ha portati ad incontrare, proprio qui, nella casa che fu di Gaetano Badalamenti, alcune delle realtà operaie e lavorative che in questi mesi hanno dovuto subire le conseguenze più aspre di una crisi che lentamente sta erodendo diritti, garanzie e civiltà. Gli operai di Termini Imerese, del Cantiere Navale di Trapani, della Dalmine di Bergamo, i lavoratori della COOP 25 Aprile di Palermo, i sindacati di base, con le loro intelligenze dal basso, maturate nel vivo della conflittualità e delle lotte, hanno portato il loro contributo di analisi e di riflessione sull’emergenza occupazionale in Italia. I lavoratori agricoli ed i migranti di Rosarno, i Comitati Antirazzisti, i tanti compagni venuti dal Nord, ci hanno aiutato a tematizzare gli intrecci tra nuovi equilibri della mafia al sud, estensione del dominio economico-sociale mafioso nel nord Italia e sfruttamento dei flussi migratori. Ad un anno dai referendum che avevano sancito la netta volontà popolare di opposizione alle logiche di mercificazione delle risorse e dei beni comuni, si è ragionato insieme alle tante realtà e ai numerosi comitati sorti sul territorio nazionale, per provare a definire un orizzonte che sappia tradurre concretamente quella volontà espressasi al livello referendario e provi a declinare una conseguente idea di società e di rapporti sociali. A tal proposito è stato denunciato il tentativo eversivo di non tener conto di quanto espressosi soltanto un anno fa e si è riconosciuto l’enorme rischio che le recenti modifiche legislative e costituzionali, mistificate come ineludibili sacrifici da pagare per risanare i conti pubblici, rappresentino i tasselli di una precisa strategia di annullamento della sovranità popolare e nazionale. Partendo dalla parola d’ordine NO TAV – NO MAFIA, con cui abbiamo intitolato il Forum di quest’anno, abbiamo provato a mettere in rete le numerose forme di resistenza oggi impegnate a difendere i territori e le comunità da scellerati progetti di devastazione ambientale, da deliri di onnipotenza e volontà di controllo militare, da malcelate forme di speculazione finanziaria e drenaggio e sperpero di risorse pubbliche. Dal confronto delle realtà NO TAV della Val di Susa, dei comitati NO PONTE e NO MUOS, è venuto un chiaro ed esplicito indirizzo, per riaffermare la necessità che le comunità si autorganizzino per resistere e per sviluppare nella lotta percorsi di autodeterminazione ed emancipazione dalle logiche dello sfruttamento capitalistico. La denuncia di come le mafie siano direttamente coinvolte nelle speculazioni delle grandi opere, ci ha portati a ribadire con forza l’esigenza di continuare sulla strada di un’antimafia sociale realmente capace di guardare a tutti i contesti di negazione dei diritti come luogo ideale di pratiche di denuncia, intervento e lotta, al di là di retoriche legalistiche e strategie mediatiche di neutralizzazione del potenziale conflittuale dei percorsi di antimafia sociale. La toccante testimonianza dei militanti NO TAV ci ha permesso di confrontarci con quello stato di eccezione democratica fatto di repressione e occupazione militare che lo scorso anno denunciavamo a L’Aquila e che da anni ormai grava sulla Val di Susa. Tecniche, mezzi, reparti utilizzati negli scenari della guerra planetaria sono anche all’interno del nostro paese rivolti contro una comunità resistente ma civile. La Val di Susa è stata così trasformata in una Palestina italiana in cui le popolazioni sono oggetto di una vera e propria occupazione non dichiarata; e torna alla nostra mente il commosso ricordo di Vittorio Arrigoni, ucciso in oscure circostanze un anno fa proprio in Palestina, mentre si apprestava a venire a Cinisi, per ricordare insieme a noi Peppino Impastato. Trasversalmente a ciascuno dei momenti che hanno animato queste giornate, è emersa l’esigenza di andare oltre semplici forme di resistenza, per provare a strutturare reti di solidarietà di classe in grado di prefigurare una società diversa, che sappia rispondere alla crisi senza riproporne le cause che l’hanno generata. La criminalizzazione dei movimenti, operata dai circuiti mediatici dominanti, ieri contribuiva al depistaggio delle indagini sull’omicidio di Peppino, oggi prova a spegnere la voce delle tante televisioni locali che quotidianamente tentano di raccontare un paese reale sempre più distante dalla rappresentazione caricaturale e deforme che si ha interesse a veicolare. Pur nel rispetto di ogni libero accostamento all’esemplarità di un percorso dirompente come quello di Impastato, proprio la rappresentazione pubblica di Peppino e l’uso fatto di quest’ultima sono stati al centro di una riflessione volta a ribadire che la storicità di una tale figura non può venire stravolta e piegata a dubbie finalità quali quella di mitizzazione quasi mistica o religiosa o peggio di commercializzazione di un simulacro, di un’immagine buona per tutti gli usi e per tutte le strumentalizzazioni. L’attualizzazione della memoria passa dalle pratiche concrete di lotta che onestamente e con rispetto sappiano riconoscere come stimolo e non come ostacolo la profonda e connaturata politicità del percorso e della vita di Peppino Impastato e dei suoi compagni.
Ringraziamo, come ogni anno, tutti i compagni e le compagne e le tante realtà che gratuitamente e con abnegazione hanno reso possibili queste intense ma entusiasmanti giornate, dalle compagnie teatrali e dai gruppi musicali esibitisi gratuitamente durante queste serate, ai tanti compagni che hanno contribuito alla riuscita di questo undicesimo Forum sociale antimafia. A conclusione di questo nostro ringraziamento, vogliamo rivolgere un affettuoso pensiero a Guido, compagno di lotte di Peppino e di quanti in questi lunghi anni alla figura di Peppino si sono avvicinati.
faccio fatica ancora oggi nel cercare di capire che significato dare al coinvolgimento delle acli, della chiesa cattolica, insomma di tutta quella gente che fino ad ieri ha espresso giudizi e formulato commenti che hanno cercato in tutti i modi di delegittimare la figura di peppino. sono un credente non cattolico ma fermamente convinto dell’ importanza del lavoro fatto a suo tempo da peppino e che continua oggi con il vostro straordinario impegno. per carità non intendo dire che la manifestazione annuale in memoria di peppino debba essere destinata ad una ristretta cerchia di una elite. il territorio dovrebbe aderire spontaneamente, per i sentimenti che dovrebbe provare la gente in queste circostanze. stabilire ‘a tavolino’, cioè in sede di programmazione la presenza di attivisti cattolici, la cui chiesa stessa nel passato credo non abbia mai espresso alcuna solidarietà alla famiglia, ed ai vari movimenti, presenta il rischio oggi, a distanza di 34 anni, che l’immagine di peppino venga annacquata e ridotta in una sorta di circo mediatico.
Scusami Nino, vorrei chiederti una precisazione. Dal tuo commento non capisco se sei al corrente che quest’anno a Cinisi ci sono state due organizzazioni, una legata all’ormai storico Forum Sociale Antimafia Felicia e Peppino Impastato di cui l’Associazione Radio Aut fa da sempre parte e di cui puoi trovare i report delle singole attività e il programma in questo sito, e una legata alla famiglia Impastato che ha operato le scelte che suscitano le tue perplessità e che io condivido.
Un saluto!