Report Forum 11/05/2008
11 Maggio
Si è svolto il forum sui movimenti antagonisti dal ’68 ad oggi, coordinato da Salvo Vitale e Umberto Santino, sempre con un’ottima partecipazione.
Renate Siebert ha parlato delle sue esperienze di militanza e di studio all’Università di Francoforte, presso l’Istituto diretto da Adorno. Ha cominciato con il richiamare la tragicità della situazione che vivevano i ragazzi e gli adolescenti in Germania negli anni ’50 e ’60, a pochi anni dalla sconfitta del nazismo, quando non c’erano punti di riferimento tra gli adulti, non si parlava degli orrori del nazismo e dell’olocausto (ci si limitava a sussurrare: “noi non lo sapevamo”). C’erano violentissime discussioni con gli adulti, ci si vergognava di essere tedeschi. Lei e altri della sua generazione hanno trovato una nuova famiglia nella scuola e maestri tra i docenti, molti dei quali erano ebrei e venivano dall’esilio. Lei faceva parte della Sds (Sozialistischer Deutscher Studentenbund), organizzazione degli studenti prima legata alla Spd, il Partito socialdemocratico, poi sempre più su posizioni critiche fino a rompere ogni legame. La Repubblica federale tedesca viveva una lunga stagione di autoritarismo e di feroce anticomunismo, coniugato con l’antifascismo, ma tantissimi nazisti si erano riciclati nell’amministrazione pubblica. Gli studenti avevano contatti con i sindacati soprattutto dei metalmeccanici e le prime iniziative furono contro il riarmo nucleare, con qualche rapporto con la DDR, la Repubblica democratica tedesca. C’era razzismo verso gli immigrati italiani, greci, poi turchi, intolleranza verso gli omosessuali. Si studiavano i classici del marxismo con forte atteggiamento critico nei confronti del marxismo pietrificato di marca sovietica., i testi di psicanalisi. Nasceva l’interesse per il cosiddetto Terzo mondo in una fase di decolonizzazione, si mirava, senza riuscirci, alla costruzione di un nuovo partito di sinistra. Il ’68 è il frutto delle attività degli anni precedenti in cui si incontravano vari filoni: il femminismo, le comuni, le Bürgeriniative (le attività delle associazioni di cittadini). Una minoranza scelse successivamente la strada del terrorismo, ma è scorretto identificare il ’68 tedesco con il terrorismo.
Umberto Santino ricorda che Renate ha fatto una tesi di laurea su Franz Fanon, pubblicata in volume, e negli ultimi anni si è occupata di mafia e ha scritto Le donne, la mafia, uno dei pochi libri seri egli ultimi decenni.
Salvo Vitale ricorda che Peppino e lui studiavano i testi della Scuola di Francoforte, poi avvenne l’incontro con il maoismo. Arrivarono casse di libretti di Mao e i contadini che lottavano contro la terza pista di Punta Raisi li ostentavano durante le lotte. Racconta le prime esperienze culturali e politiche di Peppino, prima e durante il ’68, di cui il Pci non capì nulla.
Piero Bernocchi, protagonista delle lotte degli ultimi decenni e autore di vari saggi, dice che l’interesse per Peppino è cresciuto a livello nazionale e internazionale ma i poteri mafiosi non sono ancora considerati come uno dei terreni di scontro del movimento. La disfatta della Sinistra Arcobaleno dev’essere l’occasione per un ripensamento radicale, a cominciare dalla lettura del passato. In realtà il Pci capì perfettamente che con il ’68 nasceva un grande movimento fuori degli schemi di partito con una prassi anticapitalistica e ha fatto di tutto per stroncare quella prospettiva. Negli anni più recenti Rifondazione ha avuto un buon rapporto con i movimenti, poi ha scelto di puntare tutto sul terreno istituzionale, impelagandosi nella coalizione di governo e votandosi alla sconfitta. Bisogna eliminare l’idea della centralità del partito, come forma e gabbia del movimento, progettando una lotta di lunga lena, plurale, mettendo insieme le tessere di un mosaico anticapitalista. Le esperienze dell’America latina sono un esempio di come l’impegno sul piano sociale possa avere sbocchi anche sul piano istituzionale, come dimostra la Bolivia con l’elezione a presidente della Repubblica di Evo Morales, dirigente dei sindacati dei coltivatori di coca.
Vincenzo Miliucci, redattore storico di Radio Onda rossa, sostiene che la mafia è profondamente intrecciata con il capitalismo e che ancora l’antimafia non è stata assunta come problema fondamentale. C’è un vuoto a sinistra e la manifestazione di Cinisi è uno dei primi atti contro il nascente governo. Il movimento deve svilupparsi sulle linee della democrazia diretta, ereditando gli esempi che vanno dalla Comune parigina ai consigli territoriali, costruendo una larga comunità di resistenze.
Umberto Santino parla brevemente del ’68 a Palermo e in Sicilia e dell’analisi sulla borghesia mafiosa che allora non fu capita neppure all’interno del gruppo del manifesto in cui militava e dagli altri gruppi di Nuova sinistra e che è riemersa solo negli ultimi anni. Ricorda che il Progetto droga del Centro e del CISS è stato condotto in collaborazione con Organizzazioni non governative di tre continenti e con dirigenti e militanti di sindacati di coltivatori di coca, tra cui Evo Morales, e che nel 2000 il Centro con altri ha affrontato il tema dei rapporti tra mafie e globalizzazione.
Totò Cavaleri, del Laboratorio Zeta di Palermo, parla di esperienze più recenti di democrazia partecipata, che mirano all’abbattimento dello stacco tra mezzi e fini. Gli anni ’80 e ’90 sono stati un grande vuoto, le manifestazioni di Genova durante il G8 sono state un’esperienza significativa per tanti, in un contesto in cui si parla di postmodernità, di liquidità che dissolve ogni punto di riferimento. Bisognerebbe coniugare territorialità e flussi, partendo da un’analisi della città, della povertà a Palermo, valorizzando ed estendendo esperienze come le lotte dei senzacasa, non giocando alla proliferazione dei partitini comunisti, rifondando la politica dal basso.
Conclusi gli interventi in programma, chiede la parola studentessa Laura Saja di Catania che pone due domande: il rapporto tra movimento e rappresentanza, il ruolo dell’educazione alla legalità.
Parla poi Sergio Riggio, militante da anni, che richiama il clima del 1978, con l’assassinio di Peppino, di Fausto e Jaio. Eppure non ci ponevamo il problema mafia e si deve dare atto a Umberto Santino di avere lavorato a un’analisi di classe del fenomeno mafioso, andando controcorrente. Riporta l’esperienza di lavoro con gli operai dell’AMIA, l’azienda municipale per l’igiene ambientale, che ha isolato i capiarea mafiosi. Maria Di Carlo, impegnata in attività sociali, ricorda la sua esperienza a Corleone con Nino Gennaro, militante, poeta, uomo di teatro, la denuncia del padre che voleva relegarla in casa, l’incontro con femministe separatiste che non capivano che in paese era una conquista uscire e operare con i maschi; invita ad abbandonare le letture chiesastiche e ad operare unitariamente. Nino Rocca ribadisce la complessità dei conflitti sociali, la frammentazione degli strati popolari, la necessità di un nuovo pensiero in grado di cogliere la realtà.
Totò Cavaleri parla di Addiopizzo e dice di aver seguito con interesse fin dall’inizio quell’esperienza, senza prevenzioni.
Nel pomeriggio i lavori riprendono con gli interventi dei protagonisti di alcune delle lotte più significative degli ultimi anni.
Antonella Cunico, del Comitato No Dal Molin, parla delle lotte contro l’installazione della base militare americana che sorgerebbe in un’area di grande sviluppo industriale e per giunta su una falda acquifera. Nelle recenti elezioni Vicenza è uno dei pochi casi in cui ha vinto il candidato del centrosinistra per il suo legame con le lotte della popolazione, a dimostrazione che la crisi di rappresentanza e la disfatta delle forze di sinistra sono dovute alla mancanza di collegamento con il territorio.
Francesco Calabrò del Valsusa Film Fest, parla del lavoro culturale e precisa che non si tratta, come spesso si rimprovera al movimento ambientalista, di dire solo dei No, di opporsi sempre e comunque, ma di far valere delle ragioni. Alberto Castagno, del Comitato No Tav, parla delle caratteristiche delle lotte in Valsusa. Ci sono 40 comitati popolari, con una composizione sociale variegata e differenti orientamenti politici. L’operazione NoTav costa 14 miliardi di euro, suscettibili di incremento, molto di più del Ponte di Messina. Tra le iniziative recenti del movimento c’è quella dell’acquisto dei terreni dove dovrebbero svolgersi i lavori. Il 24 maggio a Riace, in Calabria, si svolgerà un incontro nazionale per promuovere un Patto di mutuo soccorso tra organizzazioni e comitati impegnati su vari fronti.
Sul Ponte di Messina interviene Gino Sturniolo che precisa che non è il portavoce di un comitato e che per la lotta contro la costruzione del Ponte non si sono formati comitati popolari come in Valsusa. I fondi destinati al Ponte sono stati in gran parte distribuiti alle regioni ma con il governo Berlusconi e con il presidente della regione Lombardo il Ponte ritorna come la priorità assoluta.
Umberto Santino pone una domanda: qual ruolo hanno le mafie in questa programmazione di grandi opere pubbliche?
Alfonso Di Stefano, del Comitato contro l’ampliamento delle base militare di Sigonella, risponde alla domanda richiamando le denunce degli interessi mafiosi fatte più volte e descrive i programmi di ampliamento che aggraverebbero la dipendenza dell’Italia dalle politiche di guerra degli Stati Uniti e avrebbero anche pesanti conseguenze sul piano ambientale. Le lotte del Comitato sono state isolate anche dalle forze politiche di sinistra. Conclude proponendo delle iniziative che recuperino la memoria storica, dai fatti di Avola, con l’uccisione, il 2 dicembre 1968, di due braccianti durante uno sciopero contro le gabbie salariali, al movimento del ’68 e alle altre fasi di lotte popolari in Sicilia. Umberto Santino ricorda che oggi si vogliono reintrodurre le gabbie salariali e si dice personalmente disponibile per questo impegno di recupero della memoria.
Sul movimento NoInc (contro gli inceneritori) in Sicilia interviene Gianluigi Radaelli con la lettura di un documento in cui parla delle iniziative sul problema dei rifiuti, della costituzione dell’Associazione “Decontaminazione Sicilia” che unisce vari comitati civici e della Rete dei beni comuni. Il movimento non si limita a dire dei No ma si batte per la raccolta differenziata, il riciclo e il riuso e per l’uso di sistemi non inquinanti per la parte di rifiuti non riciclabile.
Chiudendo i lavori Umberto Santino propone che il documento unitario con cui è stato indetto il Forum 2008 sia il testo-base per il prosieguo dell’attività, che si rediga un verbale degli interventi ai vari forum, che si raccolgano gli atti e che i rapporti avviati durante le giornate del Forum trovino il modo per diventare stabili, anche attraverso strumenti di informazione e comunicazione adeguati, cominciando dal potenziare e collegare quelli già esistenti e formando gruppi di studio.
Salvo Vitale riprende la proposta di costituzione di gruppi di documentazione e di studio. Pietro Milazzo propone che ci si dia un primo appuntamento a un mese dal Forum, per riprendere alcuni temi di fondo dell’analisi teorico-politica e per dare vita a forme di coordinamento.
Le proposte vengono accolte. Si decide anche di inviare la seguente lettera alla redazione del quotidiano “Liberazione”:
Cara Liberazione,
abbiamo letto sul giornale del 10 maggio la cronaca della manifestazione nazionale contro la mafia svoltasi a Cinisi il pomeriggio del 9 maggio, a firma di Da.Va.
Francamente pensavamo che la manifestazione meritasse qualcosa di più e una maggiore attenzione sui promotori, sui partecipanti e sui contenuti. I promotori del Forum sociale antimafia Felicia e Peppino Impastato 2008 sono stati: l’Associazione Peppino Impastato – Casa Memoria di Cinisi costituitasi nel 2001, il Centro siciliano di documentazione di Palermo nato nel 1977 e successivamente dedicato a Giuseppe Impastato, l’Associazione Radio Aut, il Circolo Metropolis di Castellammare del Golfo. Tra le migliaia di partecipanti non c’erano solo ragazzi ma moltissimi altri. C’erano tante associazioni, tra cui Libera (ma non c’era don Ciotti), c’erano sindacati, sindaci di vari comuni, alcuni politici, e la manifestazione, dopo una sosta davanti alla casa in cui abitava Felicia, la madre di Peppino, si è conclusa nella piazza del Municipio, con gli interventi di Umberto Santino, fondatore e presidente del Centro Impastato di Palermo, che ha indicato le linee di un’antimafia integrata capace di affrontare la complessità del fenomeno mafioso in una fase difficilissima in cui il rapporto mafia-politica viene ostentato da personaggi come Dell’Utri e di avviare la formazione di un blocco sociale alternativo; di Salvo Vitale, presidente dell’Associazione di Cinisi, che ha invitato a una lotta contro la mafia sulla linea di una resistenza di massa; di Giovanni Impastato, fratello di Peppino, che ha ribadito che a denigrare Cinisi sono i mafiosi e non chi lotta contro la mafia, come più d’uno continua a insinuare.
Questo, molto sinteticamente, è avvenuto il pomeriggio del 9 maggio a Cinisi, ma non se ne trova traccia nella cronachetta di Liberazione. Ci auguriamo che in futuro ci sia maggiore attenzione per i problemi delle mafie e dell’antimafia, che sul giornale non hanno finora trovato l’attenzione che meritano.
Gli organizzatori e i partecipanti al Forum sociale antimafia Felicia e Peppino Impastato 2008.